Una giornata ricca di significati questo 1° aprile 2021.
Se non fosse per la poca voglia di scherzare a causa della pandemia, questa è la giornata del Pesce d’Aprile, la giornata delle burle.
L’usanza sarebbe nata in Francia, dopo la riforma del calendario gregoriano, che anticipò il Capodanno, fino ad allora festeggiato fra il 25 marzo e il 1° aprile. Fu così che si diffuse la consuetudine di regalare, per gioco, pacchi dono vuoti in quello che, un tempo, sarebbe stato giorno di festa.
Non mancano, poi, rimandi classici, cominciando dal mito di Proserpina, rapita da Plutone, per arrivare, nell’Antica Roma, alla festa che cadeva il 1° aprile: la Veneralia, dedicata a Venere Verticordia, che apre i cuori, e alla sua compagna, Fortuna Virile.
Quest’anno il 1° aprile è Giovedì Santo.
E’ il giovedì prima della Pasqua ed è il giorno in cui si celebra la messa in Cena Domini, l’inizio del Triduo Pasquale. Dopo la celebrazione sarà il tempo del silenzio, perché le campane “legate” non suoneranno fino alla Domenica della Resurrezione.
In alcune parti d’Italia, nei tempi ordinari e senza le restrizioni della pandemia, dopo la messa che ricorda l’Ultima Cena, i fedeli visitano i Sepolcri e compiono il giro delle Sette Chiese o almeno tre, nel caso non sia possibile visitarne sette, o, comunque, in numero dispari.
La tradizione ha origini popolari che risalgono al Medioevo, quando si cominciarono ad addobbare gli altari con piante e fiori. Per la preparazione dei vasi per i Sepolcri, è usanza che, il primo venerdì di Quaresima, si semini il grano, precedentemente messo in ammollo per un giorno e una notte. Lasciato germogliare al buio, assume una colorazione biancastra, tendente ad un pallido giallo, invece, che il tipico color verde, dovuto all’esposizione alla luce. Dopo quasi quaranta giorni, i vasi sono pronti per adornare gli altari, con i loro steli oramai cresciuti e intrecciati a fiori di campo.
Ogni festa aveva e, forse, continua a rispettare anche indiscussi riti in tavola.
Pasqua è un trionfo di pizze con prodotti di stagione, di pani farciti in molti modi e taralli dolci, preparati nella settimana santa.
Proprio nelle ricette tramandate, nei profumi e nei sapori che riempiono questi giorni si coglie nelle case il senso delle ricorrenze in famiglia. L’affaccendarsi davanti ai forni, con le gote rosse e la fronte madida di sudore, aveva ed ha il significato di una carezza materna, senza inutili giri di parole.
Tra i cibi della tradizione, a Napoli sopravvive la zuppa di cozze del Giovedì Santo, tradizione che risale all’epoca di Ferdinando I di Borbone.
Il re amava pescare nel mare di Posillipo e amava la buona tavola, i frutti di mare e, specialmente, le cozze. Aveva, però, promesso ad un frate domenicano che, durante la Settimana Santa, non avrebbe ecceduto in peccati di gola e, non volendo rinunciare alle sue gustose cozze, di Giovedì Santo ordinò si cucinassero in maniera semplice, con salsa di pomodoro e peperoncino piccante.
Sulla zuppa di cozze uno degli abbinamenti ideali è il Lacryma Christi del Vesuvio Bianco Doc, vino le cui uve sono prodotte da vigne sulle pendici del vulcano, che, con la sua sagoma inconfondibile, segna lo skyline della città di Napoli, senza contare che il nome è più che mai appropriato per gli abbinamenti con i cibi di magro della settimana santa.
I fini ed intensi profumi di frutti maturi, ananas, pesca bianca, ginestra, la morbidezza e la buona struttura al palato sposano bene un piatto che, nonostante la preparazione semplice, resta particolarmente gustoso.
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