Era di giovedì all’imbrunire.
Eravamo nel Chiostro delle Camelie, da poco restaurato, di quello scrigno di meraviglie che è il Museo Archeologico di Napoli.
Per chi ancora non lo abbia visitato, anche solo per poche ore, e non abbia potuto innamorarsi di questo luogo, posso dire che, in questo momento, ci sono ben altri venti musei, sparsi in giro per il mondo, che ospitano opere qui, all’ombra del Vesuvio, normalmente di casa.
Questo Museo, dove il passato è sentinella nel presente, non si limita, però, ad essere un grande spazio espositivo.
Tante le iniziative e, tra queste, il calendario di eventi il giovedì sera, in quest’estate 2016, dove questi luoghi si animano di suggestioni esperienziali, perché l’arte è il più importante catalizzatore di eccellenze.
Il 7 luglio, alle 19:00, era, infatti, di scena la presentazione del libro “Il Gran Food” di Elisabetta Donadono, napoletana, giornalista, con il pallino dell’informazione culturale. Già fondatrice di napolipost.com, giornale online di buone notizie, l’autrice ha voluto, con il Gran Food, scrivere una guida non tradizionale all’arte e alla cucina campana.
La città all’ombra del Vesuvio e tutta la regione erano famose nel Settecento come mete del Gran Tour e non solo per scoprire le bellezze paesaggistiche e artistiche, ma anche per la grande tradizione culinaria che, qui, si trova e che è frutto di secoli di storia e creatività di sapori.
Il Gran Food è, dunque, un libro che tratteggia itinerari artistici dove monumento per monumento scopri un piatto di questa terra.
Il Museo Archeologico è una delle mete suggerite, immancabili tanto per chi visita Napoli, tanto per chi qui vive.
Nel Chiostro delle Camelie ci incanta, con il suo racconto, l’autrice, ma anche il vulcanico direttore del Museo che, invece, ci parla di alcuni progetti per renderlo sempre di più uno dei più importanti Musei al mondo.
E’ poi il momento per tutti di assaggiare la ricetta che Elisabetta Donadono ha abbinato a questo luogo, che fu, inizialmente, Caserma di Cavalleria, Palazzo degli Studi e, solo con Ferdinando IV di Borbone, Museo, nato per ospitare una parte dei reperti dell’antichità appartenuti a Elisabetta Farnese, madre di Carlo III, e poi le collezioni archeologiche provenienti dagli scavi vesuviani.
Come dice l’autrice del Gran Food, nella “pancia” di questo monumentale palazzo napoletano c’è, dunque, l’ “origine dei nostri giorni”.
Tante le fasi della sua storia ed è per questo che Elisabetta Donadono ha scelto una pietanza a più strati, le Granate, nata nel Seicento e nobilitata nell’Ottocento dal grande esperto della cucina napoletana che fu Don Ippolito Cavalcanti.
Nel Chiostro questa prelibatezza gastronomica, complessa, ma anche estiva per le tante verdure che la compongono, stringe quasi delle affinità elettive con i vini Terredora.
Le granate vengono, infatti, precedute da un aperitivo a base di Fiano di Avellino Ex Cinere Resurgo 2015 e, poi, abbinate ad un vino nato all’ombra del Vulcano: il Lacryma Christi del Vesuvio Rosso.
Ricetta
Granata di erbe con Riso al Bagno Maria
Terrai pronte tutte queste seguenti erbe e radici, come quartine di pastinanche, filetti di rape, quartine di selleri, quartini di rafanelli, e bianche e rossi, quartini di carciofi, tutte ben lessate e sgocciolate: le medesime le disporrai con simmetria in una stampa di latta una appressa dell’altra in modo da formare una fodera, frattanto lesserai con butirro once 16 di ottimo riso, lo legherai con provola grattugiata e battuto d’ovi con del sale e del pepe, lo farai raffreddare e con diligenza molta farai in quella stampa un altro contro fodera precisamente attaccata alle erbe; terrai pronto un raguncino di funghi, piselli, filettini di tartufi, patelle lessate, punte di sparagi, quartini di ovi duri, quartini di carciofi legati con butiro, salsa di pomidoro, ed un poco di colletta, mescolerai tutto benissimo, e ne riempirai la forma, porrai appresso l’altro riso, dipoi le altre erbe e finalmente il coperchio proprio; legherai la forma con spago e la fai cuocere a bagnomaria; quando sarà cotta la toglierai dall’acqua bollente, la rivolterai sopra di un coperchio di casseruola, ne farai uscire l’acqua, che ci sarà centrata e diligentemente la scivolerai nel piatto proprio, mettendoci un poco di salsa di pomidoro.
(I. Cavalcanti, Duca di Buonvicino, Cucina Terorico Pratica, 1852, Napoli 2002, p.154).
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