Raccontare il mio primo viaggio in Cina non mi sembrava da farsi di getto.

Ho preferito che ricordi, sensazioni, emozioni si sedimentassero nella memoria.

Se qualcuno non mi vorrà leggere fino alla fine, credo che l’impressione che ho provato mentre era in coda per entrare in fiera, a Shanghai, il primo giorno della Prowein, racconterebbe in estrema sintesi di questo immenso paese. Mi sarebbe piaciuto fermare in uno scatto quel momento, la muraglia umana che avanzava verso le porte d’ingresso canalizzata in una lunghissima coda a serpentina.

Conquistarsi il proprio spazio, non dico il “posto al sole” è arduo, anche se i cinesi sono un popolo avvezzo a superare le grande difficoltà della storia, della vita.

E’ vero, però, che mentre scrivo mi viene in mente anche un’altra scena.

Ero andata a pagare la cauzione per il noleggio dei bicchieri e, mentre aspettavo, mi guardavo intorno. Alle mie spalle ti colpiva la selva di facchini in attesa di trasportare le ceste di calici agli stand. Quasi tutti erano seduti sui carrellini, molti a fumare, ma tanti con uno sguardo che non so dire se fosse indolente o semplicemente rassegnato ad una vita che può offrirti poco.

Anche le architetture che osservo rivelano le strane dicotomie di questo mondo.

Riflettendoci ho capito che queste due “foto” impresse nella mia mente sono le due facce della stessa medaglia. La Cina è un paese immenso e variegato, un paese che corre veloce, ma, per alcuni aspetti, immobile: la famiglia in cui nasci conta, paradossalmente, ancora di più qui…

Lo skyline di Shanghai, la città alla foce del mitico Fiume Giallo, ti parla di modernità, una foresta di grattacieli senza fazzoletti di parchi; almeno dalla mia camera al 31° piano si vede solo una distesa di edifici con le arterie principali che, di notte, diventano fiumi di luci rosse.

Il sabato pomeriggio vado a vedere la parte più tradizionale della città. Impressionante è che ad ogni ora, ad ogni angolo di strada, trovi gente che mangia, seduta come camminando, con le immancabili bacchette. Lo street food, di cui noi tanto oggi parliamo, alla fine fa parte di tutte quelle culture che hanno origini antichissime quando mangiare era una semplicemente una delle tante attività quotidiane come camminare, lavorare, baciarsi.

Dopo la full immersion nelle vie, nei vicoli affollati, mi concedo un raffinato the alle rose che mi incanta per il retrogusto speziato e un po’ pepato, anche se, in questo viaggio, una scoperta piacevolissima è stata anche il the al crisantemo, saggiato per curiosità ma anche per essere un presunto rimedio per la mia gola infiammata. Dopo il the, è già ora di prepararsi per cena.

Nella mia borsa da Mary Poppins, stasera c’è anche la mise adatta per una serata elegante.

Come mi è stato insegnato, vado ad incipriarmi il naso, cambio d’abito al volo e…… sono pronta.

Ho un invito, pur contandosi sulle dita delle mani le persone che conosco qui. Ho, infatti, rincontrato a Shanghai, Costantin, conosciuto qualche anno fa grazie al vino e che, nonostante le poche occasioni di incontrarsi, mi sembra un amico da sempre. Non sapevo vivesse ora qui, l’ho incrociato in fiera. Ora importa vini in Cina ed è lui che mi ha inviato alla cena degustazione di Quintarelli cui mi accingo ad andare. Arrivo, dunque, in questo esclusivissimo club privato, la cui proprietaria è un’incantevole giovane signora che mi affascinerà parlando dell’importanza delle diverse caratteristiche delle acque per le differenti tipologie di the. A cena siamo un piccolo gruppo, wine & food bloggers, collezionisti di grandi vini, Costantin e due produttori. Io sono seduta, infatti, vicino all’altro produttore, un garbatissimo signore del Riesling. Pur in una cena di grandi rossi, parliamo di quanto è entusiasmante degustare importanti bianchi, perché è meno ovvio ai più la complessità di sensazioni che regalano.

E’ una serata che mi parla della nuova Cina, dove sono i giovani ad essere tante volte più ricchi dei loro padri, ad avere un tenore di vita più elevato della generazione precedente. Mi guardo intorno e capisco che la media d’età degli ospiti è sui 35 anni al massimo, Costantin, il produttore renano ed io, mi sa, la alziamo.

La domenica si vola a Pechino.

Continua la scoperta della Cina e, se devo dirla tutta, per me il ricordo di questa terra resterà legato anche ai volti che ho incrociato, in particolare due.

Di uno mi è stata raccontata la storia e ho avuto modo di passarci qualche ora. E’ un signore di 84 anni, la cui altezza tradisce immediatamente le origini manciù e la cui pelle vissuta ti dice che è un monumento vivente alla storia che ha incrociato.

Di buona famiglia, ha vissuto la fatica dei campi di lavoro dopo la rivoluzione culturale.

Una volta “rieducato”, un lavoro in un ministero fino a quando decide che è vecchio abbastanza per volersi dedicare alla sua vera passione. Diventa un designer di bijoux realizzati con pietre semi preziose che sceglie una ad una, molte per la stranezza delle forme, altre per le venature.

Mi fa vedere il suo retrobottega, colmo di una brandina, due poltrone, vetrine e tazze e scatole da the. Non a caso la sua gentile consorte mi offre una tazza di the verde. Mi raccontano del loro lavoro e degli oggetti che mi incuriosiscono. Nella vetrina hanno delle bellissime tazze. Chiedo al vecchio signore se me ne può vendere due. Mi spiega che quelle tazze sono della sua collezione privata, non sono in vendita; sono tazze prodotte in una manifattura, ormai chiusa, nella zona di cui è originario e che era la manifattura di Mao Tze Tung. C’è tanta fierezza in questa gente e un culto ancora vivo per quest’uomo che considerano il padre della patria e che domina, con il suo ritratto, dalle mura della Città Proibita.

L’indomani, la sera prima di partire, rivedrò la coppia per una cena. Il vecchio signore mi parlerà di quando funzionario si occupava del ricevimento degli ospiti stranieri e di scegliere i vini che sarebbero stati serviti nei pranzi ufficiali. Non mi regala le tazze che avevo visto in negozio, ma me ne ha portato in dono delle altre, sempre della sua collezione privata. Si scusa perché non si è accorto che una era sbeccata, la debolezza di vista della vecchiaia…

Mi invita, dunque, a prendere quella buona, mentre mi farà recapitare l’altra. Io avrei tenuto volentieri anche quella sbeccata, perché mi sembrava un dono ricco di significati, un po’ come quell’uomo, ma lui non ha voluto perché non si regala una cosa rotta…

L’altro volto che mi si è impresso nella mente è, invece, quello di una signora che ho incrociato sulla Muraglia Cinese, il tratto più vicino a Pechino, ad appena 80 kilometri.

La Grande Muraglia, una delle grandi opere dell’umanità, simboleggia la cultura millenaria della Cina, anche se oggi, in questa zona che è la più turistica, c’è una comoda funivia per arrivare in cima, qualche percorso più agevole accanto ai tratti più irti delle antiche mura di difesa. Siamo sulle montagne spazzate dal vento, obiettivamente devo dire che non ero vestita al meglio per l’escursione, specie se si considerano gli stivaletti.

Mi è stata lì scattata qualche foto e, sin da subito, mi sono sentita come in un quadro di Friedrich, anche se è lì è un uomo a guardare le montagne, un dipinto che, a mio dire, sintetizza tutta cultura romantica, lo Sturm and Drang. Sognavo e pensavo ad occhi aperti guardando così tanta bellezza e rimpiangevo di non avere una bottiglia di Taurasi Fatica Contadina con me, perché sarebbe stata perfetta una foto scattata lì. Un vino prodotto da uno dei vitigni autoctoni campani che affondano le radici nella storia antica dell’Europa, l’impero romano, la Magna Grecia, sulle vette della Grande Muraglia, un’opera cominciata quando questi vitigni hanno intrapreso la loro gloriosa avventura arrivata fino ad oggi.

Mentre arrancavo sui tacchi lungo gli irti percorsi, noto una delle tante facce dai lineamenti caucasici: è una signora anziana, seduta su un muretto, il cui sguardo mi cattura. Nonostante le rughe, la sua è la bellezza della vita, fatta probabilmente, come per tutti, di gioie, il bimbo piccolo con lo zainetto ne è evidentemente una, e di dolori che custodirà nel suo cuore, nella sua mente.

Le ho scattato una foto perché per me lei, di cui non so nulla, è l’immagine della mia Cina.

Dicembre 2014